Intervista al dottor Bruè: tutto sull’intervento di ricostruzione del legamento crociato anteriore

La ricostruzione del legamento crociato anteriore è un intervento altamente specialistico che richiede precisione, esperienza e tecniche all’avanguardia. Ne abbiamo parlato con il dottor Stefano Bruè, medico chirurgo specialista in Ortopedia e Traumatologia.

Che cos’è la ricostruzione del legamento crociato anteriore?

La ricostruzione del legamento crociato anteriore è una procedura chirurgica eseguita in seguito a un trauma che provoca la lesione di questo importante legamento del ginocchio. Si parla infatti di “ricostruzione” e non di “riparazione”: il legamento rotto non viene semplicemente ricucito, ma viene sostituito con strutture che ne imitano la funzione, solitamente utilizzando tendini prelevati dallo stesso paziente.

Perché non si può semplicemente riparare il legamento crociato anteriore?

Il tessuto del legamento crociato anteriore, una volta lesionato, difficilmente permette una sutura che ripristini la sua normale funzione e stabilità nel tempo. Per questo si preferisce ricostruirlo con un innesto tendineo che riproduca la sua funzione meccanica.

Quando è necessario operare?

La decisione dipende dalla sintomatologia e dallo stile di vita del paziente:

  • Nei soggetti giovani e negli sportivi praticanti attività che richiedono stabilità del ginocchio, la ricostruzione è spesso indispensabile.
  • In adulti meno attivi si può intraprendere un percorso di recupero funzionale e valutare l’eventuale persistenza di instabilità. Se il ginocchio rimane sintomatico e instabile, allora l’intervento diventa indicato.
  • È possibile, in casi selezionati e con attività meccaniche ridotte, gestire la lesione in modo non chirurgico, ma ciò richiede adattamenti dello stile di vita.

In cosa consiste l’intervento? Come viene eseguito?

L’intervento si svolge tipicamente in artroscopia, cioè con una telecamera introdotta nell’articolazione, il che riduce notevolmente l’invasività. I punti principali dell’operazione sono:

  • Ispezione e trattamento delle strutture interne del ginocchio (menischi, cartilagine) con eventuali gesti chirurgici aggiuntivi necessari.
  • Prelievo dei tendini che saranno usati come innesto.
  • Posizionamento dell’innesto nei tunnel ossei predisposti al posto del legamento crociato danneggiato.

Quali innesti si utilizzano più frequentemente?

I tendini più utilizzati sono:

  • I tendini del gracile e del semitendinoso (spesso la scelta più comune).
  • Il tendine rotuleo (uso abbastanza diffuso).
  • In rari casi una parte del tendine del quadricipite.

La letteratura non mostra differenze chiare nei risultati a lungo termine tra i vari trapianti: la scelta dipende spesso dall’esperienza del chirurgo e dalle caratteristiche del paziente.

Quali sono i vantaggi dell’artroscopia rispetto alla tecnica aperta?

L’artroscopia comporta un’invasività molto minore, con recupero più rapido e minori problemi di rigidità post-operatoria rispetto all’antica tecnica aperta (artrotomia). I tempi di recupero e la qualità funzionale post-operatoria sono decisamente migliori con l’approccio artroscopico.

Quanto dura l’intervento?

La durata dell’intervento varia a seconda delle lesioni associate, ma generalmente oscilla tra i 30 e i 60 minuti. È un intervento molto sistematico e ripetitivo: tempi intorno alla mezz’ora sono frequenti, mentre è raro arrivare a tempi più lunghi se non per casi complessi.

Com’è il decorso post-operatorio e quali sono le fasi della riabilitazione?

La riabilitazione procede per fasi e richiede collaborazione del paziente e un buon protocollo fisioterapico:

  1. Fase immediata (primo mese): gestione del dolore e inizio precoce della mobilizzazione per recuperare l’elasticità articolare. Si protegge il ginocchio, abitualmente in modo parziale, dal carico (questo dipende dalle lesioni associate). Entro circa un mese, salvo problemi aggiuntivi (es. lesioni cartilaginee), il paziente è in grado di estendere e flettere buona parte del ginocchio e spesso cammina senza stampelle.
  2. Fase intermedia (fino a 3 mesi): ripresa del tono muscolare; intorno ai tre mesi, se il percorso è stato eseguito correttamente, si può iniziare la corsa lineare.
  3. Riatletizzazione (dopo la corsa lineare): lavoro mirato su destrezza, equilibrio monopodalico, balzi e salti per recuperare agilità e controllo neuromotorio.

Quando si può tornare allo sport?

La letteratura attuale concorda su tempi biologici minimi di circa 6 mesi prima di un ritorno allo sport. Pur esistendo pressioni mediatiche e sportive per un ritorno rapido, meno di sei mesi è quasi impossibile per ottenere un recupero neuromotorio adeguato. Il ritorno dipende però anche dalla forza muscolare, dalla destrezza e dal percorso riabilitativo seguito: il calendario è indicativo, ma il criterio principale è il recupero funzionale del paziente.

Quali sono i principali rischi e complicanze dell’intervento?

La complicanza che più temiamo in ortopedia è l’infezione. Grazie ai protocolli attuali il rischio è molto ridotto, dell’ordine di grandezza di 1–3 per mille (0,1–0,3%). Quando si verifica, però, può essere gestita efficacemente con terapie mediche e, se necessario, con semplici procedure come un lavaggio artroscopico; la diagnosi tempestiva è fondamentale. Nel complesso, con protocolli moderni e collaborazione multidisciplinare, le conseguenze si riducono notevolmente e la maggior parte dei pazienti recupera normalmente.

 

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